giovedì 26 ottobre 2023

La scuola sinistra del "bambino al centro" genera una società di iperprotetti, narcisi e prepotenti

L'origine del degrado culturale e sociale che tutti oggi osserviamo, soprattutto fra i giovani, ha una radice nella pedagogia teorica di sinistra.
Qualcuno si è mai chiesto come le pedagogie scolastiche condizionino i modelli educativi? Io sì.
Vengo al punto. Come ho scritto nel mio libro BENEDETTA SCUOLA, a mio avviso le cause vanno ricercate nella pedagogia contemporanea del secolo scorso che ha per slogan "Il bambino al centro".
Ebbene, i pedagogisti, che dal dopo guerra hanno raccolto la già nefasta eredità di Maria Montessori, come Loris Malaguzzi inventore del modello di Reggio Children ed ancor peggio Don Milani, ci hanno condotti nel "cul de sac" di un unico approccio pedagogico, quello che viene identificato dagli insegnanti appunto con il sintetico slogan del "bambino al centro".
Diversamente da quanto tutti ritengono, e cioè che il maestro sia concentrato sull'istruzione e sull'educazione del fanciullo secondo un alto ideale esterno a cui riferirsi, questo approccio si sviluppa al contrario, cioè assecondando i desiderata, i limiti e le incapacità dell'alunno. In altre parole si potenzia colpevolmente l'egocentrismo infantile anziché tendere ad un suo sviluppo che lo proietti verso la maturità. Sviluppando l'aspirazione ad essere considerati per la propria individuale ignoranza infantile, anziché maturare seguendo modelli alti e positivi, la pedagogia dell'attivismo del '900, attraverso la sua diffusione in Italia con Maria Montessori, trova la sua massima espressione nello slogan di Loris Malaguzzi "Il cento c'è". Qui si teorizza che il bambino contenga tutta la conoscenza in potenza pertanto non debba essere istruito, ed il maestro non debba educarlo (educere= portare fuori dall'ignoranza). Quest'ultimo quindi ricoprirebbe solamente il ruolo del "facilitatore" che, aristotelicamente parlando, attuerebbe questo bagaglio di competenze potenziali. Riconoscendosi quindi il fanciullo come primo fattore della propria educazione, l'allievo non è più destinatario dell'istruzione da parte di un soggetto esterno e migliore cui tendere e riferirsi. Da qui, una scuola che da anni tronfiamente dichiara che "L'alunno si auto istruisce e si auto valuta".
Questo fenomeno pedagogico è ulteriormente degradato da quella che io chiamo "scuola difensiva", per definire quel fenomeno secondo cui l'insegnante accidioso omette, volontariamente ed attentamente, la correzione precisa delle verifiche cui sottopone gli allievi, allo scopo di assegnare loro un voto alto. In tal modo incontra benevolmente la simpatia dei "genitori spazzaneve" a loro volta già cresciuti, nella scuola degli anni '90, "al centro" dei propri egoismi ed ambizioni. E' un cane che si morde la coda.
Tutto ciò ha, senza dubbio, numerose ripercussioni sugli stadi evolutivi successivi dell'alunno in ambito cognitivo, comportamentale, linguistico, fisico, culturale e sociale.
Di qui alcune domande sorgono spontanee.
Vi può essere una correlazione tra quanto finora esposto e l'arretramento culturale scolastico che investe la scuola da quasi 50 anni?
Vi può essere correlazione tra quanto esposto ed i comportamenti sempre più estremi di tanti giovani d'oggi?
Vi può essere correlazione tra quanto esposto ed un linguaggio sempre più impoverito, rude e compensato da termini stranieri o totalmente inventati, come sindaca, ministra, ecc.?
Vi può essere correlazione tra quanto esposto ed un disordine alimentare o il ricorso sempre più ricorrente a modifiche del proprio corpo?
Vi può essere correlazione tra quanto esposto ed una resa ad un multiculturalismo, ad un ecumenismo imposto e ad un ecologismo ingiustificato, solo perché "politicamente corretti"?
Vi può essere correlazione infine tra quanto esposto ed il fatto che i giovani oggi non accettano più di fare la vecchia e cara “gavetta” al lavoro, oppure non vogliono più sacrificarsi per prendere il treno ogni giorno alle sei del mattino per recarsi all’università?

Tutto questo accade perché, fin da piccoli, sono stati messi al centro del mondo e della loro vita con il precipuo scopo di renderli incapaci di formulare e di sostenere un giudizio, iperprotetti ed incapaci di affrontare con maturità le frustrazioni. In poco tempo questo "bambino centrismo" si trasforma in cultura della felicità a tutti sfociando nel delirio di onnipotenza in cui tutto è possibile, fruibile, addirittura lecito, al fine di ottenere soddisfazione e appagamento.. Questa pedagogia forgiata per la scuola genera una società di narcisi e prepotenti.
Questi ormai adulti diventano incapaci ad affrontare sconfitte. analizzare e superare con maturità le crisi o accettare incomprensibili rifiuti senza crollare emotivamente. Tutto questo si ripercuote nel comportamento che diventa istintivo, prepotente e bestiale.
Allora ci chiediamo se questo ritiro della pedagogia dal proprio ruolo, quello educativo sostituito da un modello che sostanzialmente si autoalimenta perfettamente da solo, abbia a che fa con un'inedia culturale e metodologica da parte del corpo docente. Se sì, perché?
Ed infine siamo ancora in tempo, perché mossi da consapevolezza ed urgenza, per intervenire? La nostra volontà sarà la risposta.

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