sabato 5 dicembre 2020

Riportiamo a scuola il principio di cura benedettina ed i bambini rifioriscono.

E' sempre più frequente, di questi anni, incontrare ragazzi che non essendo stati educati alla cura ed all'amore per il proprio lavoro durante la scuola elementare, manifestano per esempio nel corso degli anni, diverse lacune. Una di queste è sicuramente la grafia deformata, nell'adolescenza, dalla mescolanza di diversi caratteri: lettere corsive si incrociano e si alternano con stampatelli maiuscoli e minuscoli di diverse fattezze. Inoltre aver scarsamente esercitato la memoria durante la fanciullezza, comporta successivamente importanti difficoltà anche nel campo matematico come ad esempio il calcolo mentale.
In tutto ciò non è raro pure riscontrare gravi criticità nello spirito critico, che si manifesta nell'incapacità di formulare anche un breve discorso espositivo, e del più elementare senso della logica nel cogliere i dati fondamentali per la risoluzione di un problema matematico semplice.

Perché è accaduto questo?

E' accaduto questo perché, spostando l'asse pedagogico dalla conoscenza alla competenza, s'è spostato necessariamente anche quello didattico dal principio di "cura benedettina" ,che la scuola insegnava come metodo di approccio a tutti gli apprendimenti scolastici, all'incuria generalizzata giustificata da una presunta disaffezione dei bambini all'ordine ed alla concentrazione.
Sembra che il nuovo assunto educativo trasversale ai diversi assi scolastici, sia quello che il bambino competente debba aver a cuore solo la sostanza di ciò che apprende. Non entreremo ora nella valutazione di questa sostanza (evidentemente "gassosa"), ma ci chiediamo come sostanza e forma possano essere divise. L'unico punto di accordo sussiste solo se si dichiara un'obiettivo puramente contestuale, ovvero : la grafia non è necessariamente "calligrafia", in quanto funzionale ad altri apprendimenti. Cioè non importa che il bambino scriva con bella grafia il testo di un problema di matematica, l'importante è che lo capisca.
L'errore consiste, a mio avviso, nel pensare che forma e sostanza si possano separare a piacere.
Noi invece confidiamo nell'indissolubile sinolo aristotelico di forma e sostanza che invece suonerebbe più o meno così: la grafia deve essere calligrafia in quanto il pensiero ordinato si fa bella scrittura. 

E allora anche il principio di "cura benedettina" è stato necessariamente sostituito dal principio della "non curanza" che vede protagonista la fotocopia ritualmente consegnata, al mattino, nelle manine del bambino della scuola primaria e che deve essere semplicemente "compilata" ed incollata sul quadernone in un tempo stabilito. 

Non c'è cura, non c'è qualità del lavoro richiesto perché non c'è un modello di riferimento da raggiungere, la sciatteria e la trascuratezza sono egualmente ammesse a scuola.

Il principio di "incuria" scolastica promosso dai docenti e realizzato dai discenti, conseguenza assiomatica della "didattica per competenze", ha portato il bambino alla disistima di sé, alla trasandatezza ed all'ignoranza.

Ed allora, reintroducendo la didattica per conoscenze, che porta con sé l'inevitabile principio di "cura benedettina", ecco che il bambino rifiorisce, ritrovando la soddisfazione nello svolgere un lavoro di qualità che lo rende fiero e nuovamente sicuro di sé.

La ritrovata qualità del lavoro è evidente nei quaderni curati che i bambini istruiti realizzano dopo solo un mese dall'avvio nella scuola San Benedetto.

(lavoro di 2a classe elementare)

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